Lo strano percorso

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Ma andiamo per ordine: quando lo racconto molti non ci credono. Come fanno a passare due \ tre anni? E perchè due o tre? La differenza è un lasso di tempo di ben 12 mesi: davvero ci può essere questa differenza? Procederò per approssimazioni, giusto per non essere troppo noiosa, giusto perchè si capiscano i termini del problema.
Il primo atto che il legale si impegnerà a compiere una volta che l’avente diritto gli va a bussare la porta e una volta esaminata la questione è scrivere una bella letterina, scriverà all’inquilino moroso che si sta offendendo ma che è pur disposto a perdonarlo se si mette in contatto con lui entro 15 giorni. Ovviamente la letterina dell’avvocato sarà spedita con una bella busta, che lo stesso professionista avrà pagato un mucchio di soldi dal suo bel tipografo perchè risalti in tutta la sua opulenza… e che l’inquilino riconoscerà a chilometri di distanza rifiutandosi categoricamente di ritirare e che finirà in mezzo a tante altre in una puzzolentissima giacenza. Tempo minimo perchè la preziosa epistola vada e torni dall’ufficio postale: almeno un mese, e 5 euro di raccomandata ed un altro paio per un certificato di residenza assolutamente irrilevante.
Solo dopo il suo ritorno il legale può procedere a scrivere l’atto: questo va consegnato all’inquilino a mezzo ufficiale giudiziario e dopo portato in Tribunale. La data d’udienza la può scegliere l’avvocato, quindi spesso non si va molto per le lunghe: tempo tecnico per tutte queste operazioni un altro mese, mediamente 20 euro per la notifica, oltre ad un contributo unificato per l’iscrizione a ruolo del ricorso proporzionale alla morosità maturata sino a quel momento, indicativamente 50 euro, ed una marca da bollo da 27 euro.
Ovviamente, e questo lo si dia per scontato, quando l’ufficiale giudiziario è andato a bussare alla porta per consegnargli l’atto non ha trovato nessuno ad aprirgli. Gli ha lasciato un biglietto attaccato alla porta invitandolo ad andarsene a prendere una copia… ma sappiamo tutti che non è così. Perchè? Perchè alla benedetta prima udienza quando il Giudice si renderà conto che l’inquilino non ha avuto modo di conoscere la data dell’udienza perchè, poverino, non ha avuto modo di leggere l’atto, fisserà un rinvio abbastanza lungo da concedere spazio di manovra al professionista per preparare un nuovo atto, notificarlo tenendo in considerazione non solo i 20 giorni di legge tra la notifica e l’udienza successiva ma anche il termine per il perfezionamento della giacenza nel caso in cui, casualmente, anche questa volta l’inquilino non fosse in grado di aprire la porta all’ufficiale. Tempo tecnico per tutte queste operazioni 2 mesi e altri 2 euro per un nuovo certificato di residenza e 20 euro per la notifica.
In sostanza, a questo punto della storia, da quando il proprietario è entrato per la prima volta dalla porta del professionista che lo rappresenta per lamentarsi del suo inquilino maldestro, sono trascorsi almeno 4 mesi, sono già stati spesi in media 100 - 150 euro,  e non è successo assolutamente niente… tranne per il tassametro dell’avvocato che, tra lettere, atti e vacazioni non ha smesso un attimo di girare. Ma andiamo avanti.
Giunti finalmente alla seconda udienza e procurato un nuovo certificato di residenza successivo alla (tentata) notifica, perchè non si sa mai, in quell’occasione magicamente l’inquilino moroso potrebbe comparire davanti al giudice lasciando l’avvocato a balbettare qualcosa come … no… ma...non ha ritirato la notifica… magia! Davanti al Giudice c’è arrivato e ci resta. Anche perchè l’unica ragione per cui si è palesato è per pronunciare un’altra formula magica: chiedo termine di grazia.
Per i profani della materia: “chiedo termine di grazia” è qualcosa tipo “il potere del trio coincide con il mio”, apre tutte le porte ma, mi raccomando, non siate ingenui. Non provate a cercare una simile diavoleria sul codice di procedura, non esiste. Il “termine di grazia” è un'espressione che non trova fonte nella legge ma, davanti alla quale è impossibile porre alcun rimedio. Formalmente l’inquilino può presentarsi davanti ad un Giudice chiedendo di poter rimanere all’interno dell’immobile per un termine sufficiente a rientrare della propria morosità: questo è l’unico fine che, ripeto, formalmente può essere ammesso perchè il Giudice non ordini il rilascio. Sempre formalmente questo può essere al massimo di 90 giorni. Tolta tutta questa formalità nella realtà dei fatti l’inquilino si presenterà davanti al Giudice sostenendo di non poter pagare e di volere il termine di grazia. Il professionista obietterà che non ci sono gli estremi perchè controparte non ha fornito alcuna dimostrazione che sia in grado di rientrare della morosità e questo ribatterà che “OVVIAMENTE non può fornire alcuna prova, perchè non ha un lavoro!“. Prima di arrendersi all’evidenza il professionista giocherà la carta del periodo “purchè breve”, richiesta che verrà ovviamente ignorata dal Giudice che invita le parti a non farsi più vedere per i prossimi 90 giorni. Tempi tecnici per queste operazioni: tre mesi, durante i quali potete pure scommetterci che della morosità non verrà saldato un solo centesimo, pur continuando inevitabilmente ad aumentare...perchè non ha un lavoro.
A questo punto della vicenda il proprietario sarà giunto al punto tale da ascoltare quello che gli dice il suo avvocato con un filo di incredulità, spesso si domanda quale sia stato il suo errore, forse ha scelto un professionista sbagliato? Forse questo non era in grado di risolvere una questione così semplice? Quando trova il coraggio e riesce a scavalcare la timidezza iniziare proverà anche a domandare: ma scusi, quella procedura rapida e privilegiata di cui parlavamo all’inizio che fine ha fatto? Com’è che non siamo riusciti ad azionarla? Ed è questo il bello, perchè questa è la procedura rapida ed efficace di cui si parlava all’inizio: trascorsi i tre mesi di rito, non avendo scucito un solo centesimo, probabilmente l’individuo si vergognerà di ripresentarsi davanti al Giudice per ammetterlo, quindi il professionista, rimasto ancora una volta unica parte in giudizio, aggiornerà i conteggi in favor di Giudice che, con un pratico modellino precompilato che trova in mezzo alle sue scartoffie ordinerà definitivamente il rilascio dell’immobile. In meno di un anno dall’inizio del procedimento è possibile avere, percorrendo questo percorso, un provvedimento immediatamente esecutivo a proprio favore: con i tempi medi della giustizia soli 7 mesi per uscirne trionfatori non sono tempi rapidi… ma rapidissimi!
Ovviamente la storia non è finita qua. Per ora tutto quello che il proprietario ha in mano, oltre alle bollette da pagare, è solo un pezzo di carta. Un bel pezzo di carta, uno che dice che ha ragione, ma con il quale non può far altro che farci un quadro se non vengono compiute prima delle altre operazioni.
Prima di procedere oltre, è il caso si segnalare che questo percorso “classico” che sto delineando a volte, ma in percentuali non così minimali da essere tralasciate, trova delle deviazioni più o meno piacevoli. Per esempio, capita che l’inquilino, più scafato e meno menefreghista di altri si accanisca proprio, conosca i giusti mezzi per fregare il sistema ancora per un po’ e non si limiti a sfruttare il termine di grazia ma proponga, contro la richiesta di sfratto una vera e propria opposizione. Questo formalmente comporta il mutamento del rito, abbandono della strada “privilegiata” per deviare su altra “ordinaria” dove prenderà vita un procedimento vero e proprio in grado di durare molto a lungo.
Altre volte invece capita che subodorando che la pacchia è finita il conduttore moroso abbandoni l’immobile nella notte, portandosi via tutto, anche i lampadari, anche i mobili che erano stati forniti con l’appartamento, o danneggiando tutto quello che trova. Per ripicca. Tipo strappando i cavi della corrente, danneggiando muri, infissi e sanitari e sparendo nel nulla. Scene davvero poco piacevoli davanti alle quali, il professionista interrogato dal proprio cliente, è costretto persino a dimostrarsi rassicurato e soddisfatto per la rapidità di soluzione della controversia.
“Procedendo per le vie ordinarie avremmo impiegato almeno un altro anno”
“Sì, però mi ha sfondato le pareti di casa”
“Ma pensi quanto le sarebbe costata la casa sfitta e l’intera procedura esecutiva in corso”
“Sì, però mi ha sfondato le pareti di casa”
“Ma Lei non sa quanto è fortunato! Molti suoi “colleghi” avrebbero voluto altrettanto per il proprio immobile”
“Sì, però mi ha sfondato le pareti di casa”
“Non c’è bisogno che mi ringrazi! Mi farò vivo io nei prossimi giorni per il proforma di parcella”

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