E dammi indifferenza se mai mi vorrai ferire

In discussione si arriva in un caldissimo pomeriggio di giugno. Caldo, afa, umidità, vestiti da pinguini ed un filo di agitazione. Un filo? Una fune! In questi casi tendo sempre ad essere un po' fatalista, credo che il peggio sia dietro l'angolo per arrivare e che nulla potrà mai essere recuperabile. L'agitazione mette sempre a dura prova il mio autocontrollo. In cuor mio è tutto chiaro il fatto che si tratti di una mera formalità, che basta star calma e raccontare quello che so, che ho scritto, che voglio raccontare alla commissione ed il gioco è fatto. Poi arriva la parte cattiva, mi dice che potrei incepparmi, che potrei perdere il filo del discorso, che i miei genitori si guardino negli occhi e si domandino cosa è servito pagarmi tutti questi anni di studi o che uno dei commissari improvvisi una domanda alla quale non so rispondere.
Il pomeriggio si prospetta lungo: discussioni iniziate alle 14.30, io sarò la penultima. Intorno a me è tutto un turbinio di gente, di genitori, di madri con le loro permanenti e di padri con il vestito del matrimonio. Di ragazzi tirati a lucido e di fidanzati\e catapultate in un regno che non gli appartiene.
La prof mi viene a cercare. Mi spiega che saranno solo 10 minuti di discussione e che probabilmente nessuno mi vorrà fare delle domande. Penso che lei stia sottovalutando l'indice di interesse che la mia tesi porta con se... quindi faccio la sborona e le dico che eventualmente mi sono già preparata anche su quelle che potrebbero essere le domande che sorgono da quanto andrò ad esporre. Che un po' era anche vero... ma di certo in me non c'era tutta quella sicurezza di entrare e spiegare il fatto loro ad un giudice, due avvocati e ad un notaio. C'erano anche un paio di scaldasedie, e forse a loro qualcosa avrei anche potuto spiegarlo, ma in ogni caso non mi sembrava quella la sede. Al massimo se uno dei due scaldasedie ed imbrattacarte avesse posto qualche interrogativo nei miei confronti avrei potuto rispondere che qua si tratta di vita vera non di astruse congetture sulla buona fede contrattuale.
E' quasi il mio turno. La sig.ra che si occupa della gestione di tutti noi pinguini benvestiti elenca i nomi dei prossimi che si sarebbero dovuti preparare e mi salta a piè pari. Faccio finta di nulla e mi metto comunque in coda al mio posto, penultimo ricordiamolo. L'ultima ha da ribattere: oh no! Si è aggiunta un'altra persona davanti a me! Il mascara le stava dando chiaramente al cervello visto che l'ordine delle discussioni, così come rispettato quel pomeriggio, era stato fissato e pubblicato un mese prima. Cerco di non darle importanza, nel frattempo la ragazza passata prima di me esce con degli occhioni grandi come un cocomero: LA prof, la mia stessa prof, le ha fatto domande non concordate... io decido di giocare sul sicuro: parlerò a macchinetta e le impedirò di interrompermi con il suo maleficio.
Finalmente tocca a me: entro nell'aula a passo deciso. Da qualche parte c'è sempre la cattiva parte di me che crede che mi inciamperò sui tacchi nel percorrere la "navata" che mi porterà al bancone dell'esecuzione. No, non inciampo. Passo sicuro mode on.
Mi siedo. Il presidente mi presenta alla commissione. Poi lascia la parola alla relatrice che, in qualità di relatrice non relaziona su un fico secco, ripete il mio nome, parafrasa il titolo della tesi (per altro già letto dal presidente) e, non sapendo chiaramente di cosa diavolo parli la mia tesi, mi lascia subito la parola.
Io ho il vantaggio che lei si sia seduta in un posto piuttosto scomodo da guardare e al quale fare riferimento. Praticamente è alla mia estrema destra... quindi la guardo, sorrido quando mi rendo conto che non avrebbe introdotto un ciufolo, e mi giro, appunto, verso il presidente che si trova proprio davanti a me. Mi sorprendo a vedere, nel corso della discussione entrambi gli avvocati ed anche il giudice interessati a quello che dicevo. Mi guardavano, annuivano, sorridevano all'occorrenza. Io passo lo sguardo giusto su questi tre che mi stanno proprio davanti. Li altri mi dovranno perdonare, ma non sono molto abituata a fare show pubblici quindi ho lasciato perdere. In realtà ad un certo punto, dopo aver spezzato il ghiaccio ed essermi resa conto che stava andando bene ho provato a guardare anche uno degli imbrattacarte un po' più a destra ma stava giocando con l'iPad sulle gambe, quindi ho lasciato perdere prima di dovermi esprimere nella citazione di uno dei suoi più famosi improperi fatti in aula verso chi non riconosceva la sua magnificenza.
Tiro avanti a perdifiato fin quando il mio piano arriva a conclusione: ad una mia boccata d'aria qualcuno insorge e dice "va bene così". Che poi interrompere prima della conclusione mi pare maleducazione, ma visto che io una conclusione non la avevo ma speravo di tergiversare fino a che qualcuno mi interrompesse per lesione del bene pubblico della pazienza, posso anche passare sopra al fatto che fosse proprio la mia stessa relatrice a non poterne più di me mentre gli altri ancora mi davano ascolto. Il presidente mi congeda.
La marcia trionfale verso l'uscita è piena di sorrisi e di affetto dimostrato da chi si trovava in platea. Attendo fremendo il suono della campana e torno a ritirare il mio prestigioso e sudatissimo pezzo di carta igienica sul quale è scritto che sono stata proprio brava. Stringo la mano al presidente e gli sorrido. Infine ritiro i miei averi e me ne vado felice e soddisfatta.
Come se avessi appena partorito incomincio bevo un litro d'acqua, certa in quel modo di recuperare tutta la salivazione perduta. Incomincio ad inveire anche contro parenti vari che si riforniscano di almeno un'altra bottiglietta. Quindi foto di rito e bar a festeggiare. A metà del mio cocktail (termine figo per indicare un banalissimo analcolico) i muscoli incominciano a cedere, la stanchezza prende il possesso di me ed è l'ora di andare a casa. Dopo un gelato, un episodio di superman, una cena utile a riempire quella voragine nel frattempo sorta dentro di me, è l'ora di godersi un po' di tranquillo far niente. Ancora un po' di superman e qualche giochino al PC.
Può essere questo un lieto fine?
Ma figuriamoci! Vedo illuminarsi lo schermo del telefono. Controllo, non è un altro messaggio di what's app. E' una mail: tra l'altro riconosco dall'icona che si tratta della mail seria, quella nome.cognome@ che in pochi conoscono ed ancor meno utilizzano. Il ritorno della mummia.
Gentile dottoressa, complimenti per l'ottima discussione però avrei gradito un cenno di saluto da parte sua. Purtroppo non è più usanza e posso capire che in certe occasioni l'agitazione può prendere il sopravvento, però è buona norma e regola salutare e ringraziare tutti i membri della commissione.
Perchè non sa tacere? Perchè deve rovinare sempre tutto? Perchè ha ignorato la mia esistenza per mesi e poi intervenire in inutili ramanzine che neanche mia madre mi fa più? Perchè non si è posta il dubbio sul perchè non la ho ringraziata invece che agitarsi tanto, mettersi davanti al computer e sfogare come una ossessa la sua frustrazione? Perchè non riesce a tacere? Doveva tacere la mattina della discussione per non farmi andare là agitata e doveva tacere la sera stessa della discussione per farmi dormire serena. Ne ha mancate due su due. Segue almeno un'ora e mezza di sfogo con chiunque mi capitasse a tiro, poi torna superman e torna anche il sereno.
No, non è vero. Arriva il messaggio della ragazza che aveva discusso la tesi prima di me. Quella alla quale erano state fatte le domande a casaccio giusto per stemperare l'emozione. Ha ricevuto lo stesso rimprovero. Ne parliamo, ci agitiamo, ci interroghiamo su cosa avremmo dovuto fare. Il succo del discorso è che le due mail sono identiche, neanche cambiata l'intestazione vista che l'intestazione è "gentile dottoressa", senza nomi e cognomi. Neanche in grado di dedicarci un rimprovero personalizzato. Seguono gli stessi interrogativi:
Perchè non sa tacere? Perchè deve rovinare sempre tutto? Perchè ha ignorato la mia esistenza per mesi e poi intervenire in inutili ramanzine che neanche mia madre mi fa più? Perchè non si è posta il dubbio sul perchè addirittura due su due delle proprie tesiste non la hanno ringraziata invece che agitarsi tanto, mettersi davanti al computer e sfogare come una ossessa la sua frustrazione? Perchè non riesce a tacere?
La domanda delle domande: sono stata maleducata? Sì, un pochino. Tornassi indietro lo rifarei?  Non ne sono affatto certa.
1) La faccenda del non andarla a salutare la avevo sinceramente già pensata prima di farla. Per fortuna l'ho anche confessato al mio prossimo prima della malefica mail, quindi ho i miei buoni testimoni del fatto che non sono completamente svampita. Al massimo cattiva.
2) La faccenda di non stringere la mano anche al resto della commissione è stata prassi tortata avanti tutto il pomeriggio da tutti. La commissione era una tavolata composta da 6 - 7 persone: ci voleva troppo tempo e la scuola tutto ciò non lo poteva permettere. La fretta ci veniva posta dalla base. Il candidato successivo doveva entrare in aula quando quello di prima ancora doveva ritirare il diploma. Perchè per queste cose non c'è ma il tempo di salvaguardare la ritualità dell'evento. Poi chi voleva andava anche dal suo relatore. Io non l'ho voluto e non l'ho fatto.
3) In quel momento avevo fretta d'andarmene? Sì, certo!
4) Sarei dovuta andare a salutarla "perchè si fa così"? Sì. Sono una che fa le cose "perchè si fanno così"? No. O almeno no, in parte. Fino al limite della decenza.
5) Se tornassi in dietro e non la salutassi potrei nuovamente scrivere questo post. Se tornassi indietro e la salutassi saprei di essermi tolta dalle scatole una menata che mi frulla per il cervello da mezza giornata e non scriverei mai questo post.
Dal momento in cui, però, indietro non si torna e questo post è già abbastanza lungo credo che qui ci si possa incominciare a fare benissimo una ragione per quanto accaduto.
E dammi indifferenza se mai mi vorrai ferire.

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