Vita da praticante
Il praticante è una vittima della società. E' un individuo che ha trascorso sui libri almeno 5 anni della sua esistenza per poi scoprire che tutte quelle magnifiche nozioni di diritto medievale che gli avevano fatto studiare con la convinzione che fossero la base per tutto quello che avrebbe fatto in futuro in realtà non servono a niente. Già mentre si è lì a indagare nella biografia di Bartolo da Sassoferrato, una persona ha il sospetto che tutto ciò vada leggermente oltre il confine del realmente interessante, però lo accetta e lo fa se non altro perchè obbligatorio. Poi uno esce dalle quattro mura dell'università e scopre un mondo, un mondo fatto di atti, pratiche, code in cancelleria e gite al casellario giudiziale di cui nessuno aveva fatto sospettare niente.
L'impatto è terribile: questo nuovo mondo assorbe almeno 12 ore della giornata del praticante tra viaggio, udienze, modesta e scomoda pausa pranzo trascorsa tra cancelleria e sgabello del tavolo del bar dove non si ha neanche il tempo di sedersi. Spesso girano per strada con lo sguardo abbassato, tenendo in mano 24 ore improbabili, piene di giornali arrotolati solo per darsi un tono, con indosso uno dei vecchi vestiti del padre ed un soprabito targato Zara: perchè l'immagine è tutto, ma per costruirsene veramente una c'è bisogno di denaro... esattamente ciò che il praticante medio non possiede e teme anche di non vedere mai.
Se si analizza la parola praticante pare elementare riconoscere al suo interno il concetto di pratica, opposto del concetto di teoria. Se la teoria la si fa sui libri, la pratica è un attività, così come è un attività il lavoro... qualsiasi lavoro: tranne quello del praticante perchè le carte vengono messe in chiaro fin dall'inizio. Lui è li per imparare, dovrà essere disponibile dalle 8 di mattina per andare in udienza e in serata fino a orario indefinito per preparare il lavoro per il giorno dopo, ma in tutto questo il praticante impara i segreti del mestiere, si fa le ossa molto più di quanto non ha fatto all'università per tutto questo tempo, quindi deve essere riconoscente, dedito alla causa, non pretendere di essere pagato ed anzi, essere felice che tutto quell'insegnamento avvenga a gratis.
Là dove questa situazione pare ormai pacifica, il 24 gennaio di quest'anno, nell'ambito di quello che è stato definito decreto sviluppo si è presa in mano anche la questione dei tirocini finalizzati all'ingresso nelle professioni regolamentate. L'articolo 9, senza neanche troppa chiarezza, si pronuncia in fatto di compensi, di durata della pratica e cosucce così. E' qui presente la norma che prevede la riduzione a 18 mesi per tutti i tirocini. Ad una prima occhiata pare mischiare in un unico articolo sia la questione dei professionisti, sia quella dei tirocinanti, quindi è sorto un dubbio: sarà mica che anche i praticanti hanno diritto ad un loro equo-compenso? Qualcosa che per lo meno gli copra i pranzi al bar e i trasferimenti da casa all'ufficio?
Simbolico l'ultimo comma: dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Nel momento in cui si parla tanto di pareggio di bilancio tanto da essere stata introdotta un modifica costituzionale a tal fine, non può una leggina a caso legittimare alcuna nuova spesa senza che siano trovati i fondi per coprirla, sembra semplicemente essere un richiamo a più altri principi ma, come spesso accade, con effetti materiali più marcati di quanto non sia lecito attendersi. Per farsene un'idea è sufficiente dare una letta al modulo per porre domanda per svolgere pratica forense presso l'avvocatura dello Stato. Tra le notine scritte a carattere 9 in fondo all'ultima pagina, quelle che richiedono una firma specifica per ognuna di esse, è presente la seguente:
_l_ sottoscritt_ __________, si dichiara consapevole del fatto che lo svolgimento della pratica forense presso l'Avvocatura dello Stato non dà diritto al rimborso spese previsto dall'articolo 9 del D.L. 24 gennaio 2012...
Come a dire che lo Stato (inteso come entità suprema onnipotente, senza volto ne colore) impone ai privati, presso i quali generalmente viene svolta la pratica, di pagare i propri praticanti [cosa che poi, in genere, non avviene perchè non si è mai visto sulla faccia della terra un praticante che possa permettersi di fare causa al proprio dominus inemicandosi l'intero foro, rischiando di mandare in rosso i conti dei propri parenti entro il sesto grado e di non poter neanche più mettere piede nel quartiere intorno al tribunale, ndr] ma se ne tira fuori nel momento stesso in cui deve essere Lui a doverlo fare. Ma gli ex-studenti-non-ancora-professionisti-reietti-della-società come diavolo possono campare? Vivono di memorie difensive, dedizione e polvere?
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