Nel dubbio, farò la cosa più giusta | Quarantine

Uno degli aspetti di questa situazione che in questi giorni ci preoccupa di più è certamente quello legato alle ripercussioni economiche. Ce lo ripetono tutti come un mantra: andrà tutto bene, non preoccupatevi per il futuro! Pensate al vostro presente, fate attenzione alle vostra quotidianità, state a casa, non muovetevi se non per gli incombenti strettamente necessari e non pensate ad altro. Le priorità ci sono state dettate dall’alto e, per come la vedo io, non occupandomi di medicina, biologia, non avendo a disposizione i mezzi per capire a pieno quello che ci circonda, nel dubbio mi adeguo a quello che viene detto, nella speranza che almeno lassù ci sia qualcuno che non brancola completamente nel buio come tutti noi davanti ad uno scenario tanto inedito.
Il vero problema di questa situazione è che tra tutti limiti che sono stati imposti, tra tutte le libertà che sono state ristrette, solo un’attività è rimasta sotto al nostro diretto controllo: pensare. Non possiamo fare altro che guardarci intorno, riflettere su quello che ci sta accadendo subirne le conseguenze e domandarci come ne usciremo quando ne usciremo. Perchè qua la vera questione non gira intorno a quando potremo uscire di casa ma come il mondo verrà fuori da questa emergenza globale.
Non siamo tutti sulla stessa barca, però navighiamo tutti nello stesso mare e per quanto chiaramente ne usciremo tutti con le ossa rotte, qualcuno se la potrebbe passare peggio di altri.
Per quanto un altro dei mantra che ci sono stati ribaditi dall’inizio sia quello dell’unità e della solidarietà, stiamo uniti, e le misure siano state dettate dall’altro proprio quando ha smesso d’aver senso che ognuno singolarmente gestisse il proprio orticello, affrontato il primo colpo iniziale è stato inevitabile assistere alla riorganizzazione di molte realtà che tentano di poter tirare un po’ d’acqua al proprio mulino. Internet in questo senso è una grande valvola di sfogo, ma per quanti scrivono mail là dove prima avrebbero preso un appuntamento, ballano davanti alla webcam del PC invece di insegnare passi di danza in sala, avviano conference call con la stessa facilità con la quale prima si sarebbero recati al bar a prendere un caffè in compagnia, c’è chi vorrebbe approfittare della necessità globale di restare chiusi in casa per trasportare al domicilio dei clienti i propri prodotti nella speranza di non azzerare definitivamente il proprio fatturato mensile.
L’umanità si trova davanti ad un dilemma etico degno Chidi Anagonye. Comprare on line per sostenere l’economia senza muoversi da casa o non comprare a tutela di tutti quei lavoratori comunque coinvolti nell’intera catena di montaggio?
Chiunque di noi in questi giorni sta vivendo dentro ad un limbo anomalo, riceviamo impulsi contrastanti, sulle nostre spalle sono appoggiati un angioletto ed un diavoletto ognuno dei quali ci bisbiglia qualcosa all’orecchio, sostiene le proprie tesi con una sagacia e una decisione tale da confonderci completamente. Da un lato c’è la casella e-mail, c’è lo spam su internet, ci sono le promozioni in TV, chiunque vorrebbe fornirci il servizio di cui proprio non possiamo fare a meno e proprio in questo momento. Sono tutti disposti a portarci a casa frutta, verdura, il nostro shampoo preferito ed anche quel pezzo di ricambio per il PC di cui abbiamo proprio bisogno in giornate in cui internet è la nostra valvola di sfogo principale. Dall’altro lato c’è chi ci ricorda che per ogni nostro acquisto a distanza c’è un magazziniere, un cassiere, un impacchettatore e variegato personale viaggiante che ogni mattina continua ad uscire di casa, recarsi a lavoro, fare cose e/o incontrare gente.
Quindi dov’è la verità? Qual è la risposta giusta?
Ma soprattutto: c’è una risposta giusta? E’ giusto tentare di dare un sostegno anche alla nostra realtà economica o è preferibile mettere tutto da parte per il momento? Magari preferendo delle piccole realtà economiche, quelle che chiaramente verranno danneggiate maggiormente da questo periodo di blocco totale dell’economia o, nel dubbio, sono le grandi realtà che hanno i mezzi per garantire al meglio le condizioni di lavoro dei propri dipendenti? E’ il caso di fare un sacrificio in più, riducendo in toto i propri acquisti, o non può essere così dannoso cercare nel limite del consentito a tenere lo stesso tenore di vita di sempre dando, anche nel nostro piccolo, un contributo all’economia perché possa in qualche modo continuare a girare e sperare che, alla fine di questo delirio, forse qualcuno due lire di tasse possa ancora permettersi di pagarle?

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