La famiglia Aubrey - Rebecca West

Non bisognerebbe mai giudicare un libro dalla copertina. Mai. Né nel bene, né nel male. 
Normalmente utilizzo criteri di scelta delle mie letture che abbiano un senso maggiore, probabilmente non compio le migliori scelte possibili ma utilizzo dei criteri che, quantomeno, siano razionali. 
A questo giro mi sono fatta prendere dalla frenesia. Mi sono trovata in libreria per puro caso, non volevo comprare niente per smaltire gli arretrati ma sono finita a comprare comunque, mi prudevano le mani, non sapevo bene su cosa andare, complice il fatto che non fossi nella libreria più fornita dell'universo... è un attimo che mi sono ritrovata con questo tra le mani. 
Ne avevo già letto e sentito parlare, per qualche ragione mi ero convinta che fosse la scelta giusta per me, la quarta di copertina mi da l'ok definitivo quindi vado in cassa, pago, me lo porto a casa e da quel momento mi domando perchè l'ho fatto. 
Partiamo dalle premesse. Se solo fossi un po' meno ignorante in materia, avrei avuto chiaramente in mente il fatto che, pur venendo trattato da caso editoriale dell'anno, "la famiglia Aubrey" è in realtà la riedizione di un classico degli anni 50. Anche meno: sarebbe bastato leggere bene tutti i risvoltini della copertina per capire che l'autrice è morta 1983, invece mi sono fermata all'opinione di Baricco che ritiene questo uno dei libri migliori del Novecento. 
Non che ritenga che ogni cosa che dice Baricco sia verità assoluta, però mi dava un senso di sicurezza in più sapere che anche per uno come lui fosse una lettura piacevole. 
La verità è che io non voglio dire assolutamente che sia un brutto libro. Non lo è assolutamente, l'ho letto dall'inizio alla fine, è scorrevole, si lascia leggere senza impegno e tecnicamente non ha nulla che non vada...problema, almeno per me, è che non ha nulla di più di mille altre cose che posso aver letto. 
Non è lui, sono io. Probabilmente per me è solo il momento sbagliato. Forse l'ho letto in maniera troppo ravvicinata a "Le ceneri di Angela" non differendo da questo in maniera troppo eclatante. Anche l'opera della West viene introdotta dalla copertina come una saga familiare nella quale vengono narrate vicende di miseria e nobiltà con una verve sempre ironica e mai banale e... effettivamente è una lettura scorrevole ma si fa leggere e scorre lasciando il lettore sempre in attesa che qualcosa accada, senza che questo accada mai veramente. Tra l'altro, a paragone di miserie e nobiltà la penna di Frank McCourt è decisamente più ironica di questa. 
In sintesi: 569 pagine, scritte piccole, sono state per me decisamente troppe. E questo ragionamento non può che collegarsi all'amara scoperta del fatto che questo sia solo il capitolo introduttivo di una trilogia alla quale non intendo purtroppo voler dare seguito. Sorry Rebecca.

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