Una cosa divertente che non farò mai più - David Foster Wallace

Forse me lo aspettavo un po’ più tagliente, un po’ più cattivo, un po’ più incisivo sotto diversi punti di vista ma, di questi tempi, non si può assolutamente prescindere dalla lettura di David Foster Wallace.
Nel mio caso è stato un primo approccio, tanto ne ho sentito parlare, tanto ne ho letto, nessuno sulla faccia della terra oserebbe mai dire che non sia un fottuto genio. Non sono affatto certa di sentirmi pronta ad affrontare Infinite Jest (e chissà se mai lo sarò) ma per tutto il resto non può non esserci tempo.
E’ da quando sono stata in crociera per la prima volta (abbassiamo la spocchia: di crociere in totale ne ho fatte due!) che medito di scrivere qualcosa di questo genere. Ovviamente se solo fossi un po’ meno ignorante in materia avrei già conosciuto DFW, mi sarei messa l’anima in pace e me ne sarei fatta una ragione già a suo tempo.
A differenza dell’autore io sono dovuta arrivare a quota due per dire che non lo vorrò fare mai più anche se, in fondo all’anima, è già dalla prima avrei dato un taglio netto con questo genere di esperienze… belle eh? Ma che non fanno per me.
DFW, pur trovandosi, a differenza mia, su una lussuosissima nave da crociera a mille milioni di stelle, è riuscito a dare forma a tutte quei miei “imbarazzi” davanti agli eterni copioni che si ripetono ad oltranza durante questo genere di vacanze.
Forse una sola cosa distingue nettamente il nostro approccio (anzi due: lui per andarci è stato pagato, io… ehm!!): le escursioni. Per me l’unica cosa che abbia un senso di esistere durante una crociera: l’unico motivo per cui valga la pena farne una. Lui non è mai sceso dalla nave: complici la voglia di investigare, l’agorafobia latente e tutta un’altra serie di scuse campate per aria che ha tirato fuori durante in 10 giorni di navigazione. Per il resto siamo lì: quel fascino malcelato verso i mille e uno modo in cui “i ricchi” riescono a sperperare i loro soldi, i gadget tipici di ogni singola tappa che iniziano a girare a bordo dopo i primi giorni, le spassosissime serate, la cena di gala con il capitano (in occasione della quale tutti dimostrano di aver pensato per tempo al vestito da gala da indossare… tranne te) e il cibo. Cibo, cibo, cibo ovunque! Cibo in ogni momento della giornata, cibo su ogni ponte della nave, cibo di ogni forma e dimensione con la peculiare stranezza del mettere però tutte le bevande a pagamento. Roba che se organizzassero un buffet in meno durante il giorno rientrerebbero tranquillamente delle spese per offrire da bere a tutti.
Una menzione speciale al “senso di colpa” provato davanti agli atteggiamenti eccessivamente servizievoli dello staff. In queste occasioni, così come le rarissime volte in vita mia in cui mi sia trovata infilata in un contesto leggermente più elegante, ho sempre provato un senso di disagio davanti agli atteggiamenti al limite della servitù d’un tempo. Mi sento proprio fuori luogo in contesti in cui l’unica cosa che ho diritto di fare da sola è pulirmi la bocca. Ricordo colazioni che, seppur a buffet, prevedevano che i camerieri ti recuperassero una tazza, ti porgessero un bicchiere, fossero pronti a servirti e riverirti al solo minimo gesto della testa. Mi guardavo intorno e non capivo come gli altri potessero essere davvero indifferenti davanti al solito cameriere che, fino alla seratona sul ponte della notte prima, era lì a servirti da bere e, a sole poche ore di distanza, indossata una diversa divisa d’ordinanza, era intento a impilare graziosamente cornetti e brioches di ogni forma e dimensione. Io non volevo che mi andassero pure a prendere la tazza! Non era necessario, non era giusto, mi sentivo in difetto. Di certo non mi sono strappata i capelli lagnandomi perchè non mi fosse possibile lavare i piatti per tutta la settimana… però ringraziavo sempre quando mi sparecchiavano la tavola. Dev’essere proprio così che devo aver iniziato una specie di relazione di sguardi con un cameriere (forse algerino??) che non spiaccicava una sola parola di italiano che già al terzo o quarto giorno già aveva l’accortezza di tenermi da parte l’ultima tazza disponibile prima dell’assalto delle cavallette (leggasi megere ingioiellate già di prima mattina) o riservarmi gli unici biscotti per me commestibili prima che gli avvoltoi spazzolassero via anche le briciole. Io non spiaccico neanche una parola di francese, non siamo andati oltre il guardarci intensamente però ha capito subito che mi deve tenere i biscotti buoni da parte.

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