Il Re dei torti - John Grisham

La prima volta che ho sentito parlare di questo romanzo ero a lezione di inglese giuridico. Il professore, un tipo che poi ho scoperto essersi formato principalmente sulle pagine di John Grisham, era sconvolto da una siffatta mala traduzione del titolo. “Il Re dei torti” in italiano non significa quali nulla, nonostante i tentativi della pubblicazione italiana di inserire poco prima dell’inizio del primo capitolo, una definizione consona al romanzo che ne sa molto di arrampicata sugli specchi. Il titolo originario era ovviamente “The king of torts” che, per chi mastica la lingua ha un suo significato preciso, per chi non la mastica è completamente inutile che vi annoi in questa sede.
Da quei momenti sono trascorsi 10 anni. Fa molto più male a me che a voi. Ero al primo anno di università, in un mondo in cui università ancora offriva corsi di inglese giuridico, oggi non sono affatto certa che tutto ciò sia riuscito a superare indenne la forca delle ultime riforme. Poi ci lamentiamo che gli avvocati si formino sui libri di John Grisham. In tutti questi anni non ho mai sentito particolarmente l’impulso di avventurarmi nell’opera dell’autore: nutro un serio e radicato pregiudizio nei confronti di tutti quelli che sfornano un libro all’anno. Uno all’anno seriamente, tranne nel 2002, quando non ne ha pubblicato nessuno, in compenso nel 2001 ne aveva pubblicati ben 2, ed i conti tornano. Uno all’anno dal 1988 ad oggi.
Entrata recentemente nella nuova ottica di estendere un pochino gli orizzonti narrativi, ho deciso di dargli una chance, ed ho deciso di partire proprio da questo, in memoria dei vecchi tempi.
La storia è quella di un avvocato spiantato: ha il suo bel lavoretto, la sua paga modesta, ha i suoi valori. Insomma, qualcosa su cui contare. Dopo una crisi personale con la fidanzata storica, finisce per farsi tentare dal vil denaro. Un bell’imbusto tentatore, ben vestito e fascinoso, bussa alla sua porta e promette di ricoprirlo di soldi… se solo fosse suo interesse sporcarsi un pochino le mani. Fino a qualche tempo prima avrebbe giurato di non essere mai e poi mai in grado di accettare un compromesso del genere, eppure accetta. Accetta ripromettendosi di non farsi comprare anche l’anima. Accetta certo che quello sporco che si ritroverebbe sulle mani potrebbe ben essere lavato dalle possibilità e dalle occasioni che la mole di denaro offerta gli garantirebbero. Tutti quei bei valori di cui si parlava all’inizio, purtroppo, con il tempo, non gli impediscono di entrare in un circolo vizioso che ben presto assumerà le dimensioni tali da diventare ingestibile. Denaro richiamerà altro denaro, la promessa di mantenere i piedi per terra svanirà in fretta davanti alla prospettiva di fare maggiori parcelle, comparsi una barca, un jet privato, un appartamento nuovo, ed anche una fidanzata da copertina. Purtroppo, un giorno, tutto questo castello di carte costruito senza le giusta fondamenta, gli crollerà addosso. Pesante come un macigno. Inevitabile come la morte e le tasse. Ma forse, tra le macerie, sarà in grado di ritrovare un po’ della sua antica moralità.
Questo libro, al di là della morale farlocca sul denaro che non compra la felicità, spiega al grande pubblico una grande verità sul cliente medio che si rivolge agli avvocati “per sete di giustizia”. Perchè è suo diritto.
C’è quello al quale si riesce a far avere un po’ di soldi. E si lamenta perchè avrebbe dovuto fargliene ottenere un po’ di più.
C’è quello al quale si tenta di far avere un po’ più soldi di quanti ne sono stati messi sul piatto. E si lamente, perchè anche un po’ meno sarebbero andati bene comunque.
In sostanza: i clienti si lamentano.
E non venitemi a tirare fuori la storia per cui tutti gli avvocati sono degli arrivisti, senza scrupoli che pensano solo al loro portafoglio. Perchè gli avvocati sono degli arrivisti, senza scrupoli che pensano solo al loro portafoglio, ma anche i clienti sono dei bei rompipalle.

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