Quello che capita #11

Capita certe volte che le cose più banali facciano in realtà scatenare una lunga catena di ricordi, uno di fila all'altro. Come se non si fosse pensato ad altro sino a quel momento. 
L'altro giorno, per esempio, ho visto da lontano quest'immagine e non mi è stato possibile pensare ad altro che a quanto sia "rara" oggi come oggi una scena di questo tipo.
Sia chiaro, non è che io sia nata così tanti anni fa... esistevano già i supermercati, e non voglio appropriarmi di memorie e nostalgie che non mi appartengono. Però un pochino sì. Perchè oggi è facile come non mai andare al supermercato e trovarvi sempre ogni tipologia di frutta, sempre matura, sempre fresca, sempre novella. In certi casi forse non eccessivamente: ad esempio le arance d'estate non ci sono... ma ci sono per 6 mesi all'anno, circostanza che già di per sè è paradossale, ma vedrò di accontentarmi. Con altro genere di frutta e verdura le stagioni hanno proprio perso la ragione d'essere. Tipo con le patate: in qualunque stagione ci si vada ci sono sempre, e sono sempre belle. Una marea di tipologie, di pastre differenti, di colori differenti... ma sempre appena raccolte.
Posso dire "ai miei tempi"? Ho già dei "miei tempi"? Dopo quanti anni di vita sulla teraa è possibile arrogarsi il diritto di usare quest'affermazione?
In ogni caso, facciamo finta per un attimo che già posso utilizzarla. Ai miei tempi, non andava proprio così. Forse era una certa "tradizione" familiare che usavamo tra di noi. Anzi, sicuramente era per questo motivo. Lo ripeto, i supermercati, i fruttivendoli, il buco nell'ozono e la globalizzazione li avevamo già. Però tutti gli anni, a fine estate compravamo le patate dal contadino. E le compravamo a chili, tanti. Cassette di legno piene zeppe di patate sporche di terra (no, perchè, cari bimbi moderni, le patate nascono sotto terra. E non hanno affatto l'aspetto pulito, candeggiato, brillante con il quale oggi siamo abituati a riconoscerle). Venivano riposte in cantina... dove sopravvivevano più o meno fino alla raccolta successiva. 
Il vero problema, almeno per me, era quando iniziavano a uscire i getti. Tutto partiva con dei piccoli getti modesti, da qualche centrimetro, per diventare dei getti un po' più grandi come quelli della foto... fino a sfociare in lunghi radicioni, che sbucando da ogni patata presente nella cassetta di legno, si allungavano ed incrociavano tra di loro. Tutto dipendeva dalla stagione. Io ne ero impaurita. Come i matti. Mi rifiutavo di mettere le mani dentro a quelle cassette. Mi rifiutavo di prendere in mano quelle patate fin quando non arrivava la mia pazientissima nonna che me le ripuliva e passava ad una ad una. 
Essendo passato giusto qualche anno, fortunatamente sono giunta al punto in cui dai getti delle patate non scappo più. 
Però non mi fermo tanto a fissarli. 
Però tentenno un attimo prima di raccoglierle dal cassetto, per capire se posso delegare a qualcun altro.
Però, se tocca proprio e per forza a me, pulisco le patate in fretta e butto i getti ben bene in fondo al cassonetto della spazzatura, per essere certa che stiano proprio proprio in fondo al cestino.
Però, a pensarci bene, anche a fare questa foto cosa mi  è passato per la mente?

Commenti