Maschi contro femmine

Venne il giorno di "Maschi contro femmine". Che poi non so neanch'io perchè. Ormai la voglia di qualcosa di leggero e non troppo impegnativo non è altro che una scusa, che non sta più in piedi. Forse mi sono fatta trascinare dall'idea di Fabio De Luigi nel cast. Io non so voi, ma io adoro Fabio De Luigi. E' uno di quelli che mi fa ridere anche se sta zitto. Quando parla è irresistibile. La maggiorparte dei suoi personaggi ai tempi di Mai dire quello che era li porto ancora nel cuore. L'ingegner Cane mi ha dato una vera filosofia di vita, Olmo ha cantato molte delle mie colonne sonore e "ahhh! La Tauromachia" è ancora una delle mie esclamazioni più frequenti. Insomma: Fabio De Luigi in my heart. Forever and ever. Per questo sono caduta in Maschi contro Femmine.
Che poi c'era anche da aspettarselo. Il contrasto tra uomini e donne, tra maschi e femmine è uno dei terreni più battuti della comicità di bassa lega. Forse è secondo solo a quello delle differenze tra nord e sud: ma anche su questo credo che esistano già abbastanza film. 
Qui, più che degli esemplari di maschi italici ci ritroviamo davanti a dei prototipi di mascalzoni latini, protagonisti di vicende che potrebbero avermi lasciato un po' d'amaro in bocca. Ma sia chiaro, pure le donne, in questo film, non è che siano delle sante.
In primo luogo incontriamo Carla Signoris (che poi, nella vita, sarebbe la signora Crozza) per l'occasione maritata con Francesco Pannofino. Il loro matrimonio finisce ben presto, ed apprezziamo con entusiasmo l'attimo in cui viene trovato in atteggiamenti inequivocabili con una giovanissima, alta, mora e formosa e la moglie lo legna. Di brutto. E senza lasciargli scampo. Non si capisce esattamente perchè da questo momento in poi lei debba andare in giro malvestita come una zitella cinquantenne inconsapevole, accettiamo l'intenzione di andare avanti e tentare di rifarsi una vita, ma la vicenda è del tutto priva di rilevanza e di elementi interessanti. Tanto più se si guarda da vicino l'essere verso il quale questi progetti di vita sembrano essere intenzionati a convergere. L'archivista. Non dico altro. 
Carla Signoris e Francesco Pannofino hanno pure avuto un figlio: Nicolas Vaporidis, uno che soffre della stessa patologia fulminante dalla quale è colpita anche Cristiana Capotondi e quella generazione di attori lì: non invecchia mai, anche se ha superato la trentina da un pezzo. Nel suo destino solo ruoli adolescenziali o proprio poco post adolescenziali, come in questo caso, dove il filo narrativo che lo coinvolge è di ancor minor spessore che ritengo non meritare neanche l'onore del riassunto che ho riservato alla madre.
Poi c'è Fabio De Luigi: professione allenatore di una squadra femminile di pallavolo, ma anche padre e marito devoto. Più o meno devoto. Lo incontriamo all'inizio del film, appena divuto padre, vacillante ma apparentemente determinato a non commettere imprudenze davanti alla resistenza dimostrata dalla moglie di riprendere l'intimità di coppia dopo la gravidanza. Apprezziamo lo sforzo... ma di fatto la determinazione è andata nella pattumiera ben presto e senza eccessive remore. Complice una delle giocatrici della squadra di pallavolo allenata certa di essere in grado di far mollare moglie e figlio in proprio favore... decisamente delusa una volta che ad essere mollata è lei. Non ci sta e spacca i vetri delle finestre di casa dell'uomo a colpi di schiacciate, dando in questo modo anche la buona notizia alla moglie (per la cronaca, Lucia Ocone). Decisa a lanciare fuori di casa il marito senza troppe remore, quattro secondi dopo decide di passare sopra alla relazione durata mesi, gli stessi mesi in cui il figlio era appena un neonato poppante e non le dava neanche il tempo di uscire di casa tranquillamente, solo perchè in fondo lui non ha mai smesso di amarla. E a dirglielo è dovuta andare l'amante, eccerto. Cara Lucia Ocone, mi sa che da queste parti abbiamo una nozione diversa di amore, perchè io, fossi stata in te avrei direttamente cambiato serratura alla porta.
Eppure, giunta a questo punto, manca ancora la parte migliore. La coppia più improbabile della storia, che era destinata a formarsi sin dall'inizio ma che, oggettivamente, è una coppia davvero improbabile. Che non sta insieme, al di là della caratterizzazione dei loro personaggi. Eppure Paola Cortellesi ed Alessandro Preziosi, scusatemi, ma sono due facce che anche prese e messe di forza nella stessa foto non potrebbero stare insieme. Proprio cozzano tra di loro. Intendiamoci: Paola Cortellesi è ovviamente quattro spanne sopra a tutti gli altri. Ha un talento suo, anche naturale, per il quale ci sarebbe da domandarsi per quale astrusa ragione si butti ancora in questo genere di progetti. Probabilmente, alla fine del mese, abbiamo tutti le bollette da pagare. Forse quando ha accettato non aveva ben compreso che il 90% del film lo avrebbe dovuto recitare al fianco di Alessandro Preziosi. In arte Elisa di Rivombrosa. O meglio, quello che stava a fianco di Elisa di rivombrosa che, se non sbaglio, entro la seconda stagione muore anche e, pure lei, se lo toglie dalle palle. Tolta di mezzo la faccia dei due personaggi, la storia è più semplice di quanto non sembri: lui è il classico sciupafemmine, quello che ogni sera se ne porta a casa una diversa, e trova particolare emozione a sfidare le leggi della fisica. Lei, la vicina di casa: ovviamente caratterialmente completamente diversa. Quotidianamente si incrociano in ascensore e si lanciano le solite frecciatile. Lei da a lui una botta di puttaniere, lui da a lei continue botte di moralista, frigida ed isterica. Non fa una grinza.
Poi giunse pure il sequel: femmine contro maschi. Ma a questo punto la vicenda è divenuta davvero del tutto irrilevante. Una situazione per cui, alla fine, si rivaluta e si rimpiange il primo film.

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