Un ragazzo - Nick Hornby

E' nuovamente estate, è nuovamente tempo di vacanze ed è nuovamente tempo perchè si riaccendesse la mia fregola per Nick Hornby e per la sua innata capacità di farti leggere, appassionare ed incuriosire davanti a vicende che, se fossero raccontate da altri, non avrebbero mai e poi mai attirato la mia attenzione. Però è scritto da Nick Horby, quindi è Ok. Quindi è Ok che dopo un paio d'anni dall'acquisto di questo romanzo, quando ormai anche lui stava seriamente pensando di dover morire per l'eccesso di polvere che stava assumento da fin troppo tempo, l'ho tirato giù dalla libreria e l'ho fatto mio. 
L'ho iniziato a leggere e mi sono fatta rapire, come al solito, dallo stile, dalla classe, dalla capacità di raccontare che uno come Nick Hornby dimostra anche in questa occasione di avere. Ed io odio Nick Hornby per questo. Cioè: io amo Nick Hornby, però lo odio, perchè sono invidiosa, per il suo stile, per la sua tecnica, per le sue capacità narrative in grado di sopravvivere alla traduzione in italiano e agli anni trascorsi da quando questo romando ha visto la luce. La capacità di tenere il lettore incollato alle pagine del romando anche quando si racconta qualcosa che non è una vera storia. Non è un racconto, non un giallo, non una "vicenda", per come siamo generalmente in grado di intendere, qualcosa che ha un inizio, una fine, uno svolgimento, magari un mistero da risolvere o qualcosa di questo genere.
Di cosa parli un ragazzo credo che sia noto a tutti, non credo che ci sia molto altro da dire. Ovviamente, a tutti tranne che a me, almeno finchè non sono arrivata a metà del romanzo quando, per puro caso mi è passato per la mente come tradurre in inglese il titolo ed automaticamente è avvenuto il rimbalzo ad about a boy, film che, in ogni caso, non ho mai visto.
Impareggiabile la capacità di definizione dei personaggi, compiuta attraverso il solo uso (buon uso) della parola scritta, tra le pagine di un ragazzo, siamo in grado di veder delineati vividamente i suoi protagostisti, le loro ansie e le loro insicurezze, tanto più evidente, quanto più il personaggio tenta di essere sicuro ed affermato. Si prenda il caso di Will, due chiavi di lettura per una sola persona: giovane, scapolo, economicamente indipendente grazie alla "fortuna" di famiglia. Oppure: di mezza età, scapolo, senza un lavoro, una passione o un interesse che dia un senso alla sua vita giunta a questo punto solo grazie ad un'imbarazzante eredità paterna. Nel corso di un esistenza perennemente insoddisfacente, alla ricerca del modo migliore per poter continuare a perdere tempo, mentre le vite delle persone che lo circondano vanno avanti, mentre gli amici mettono su famiglia e progressivamente sembrano allontanarsi sempre di più, Will incontra Marcus: e fu una fatalità.
Marcus è un ragazzino problematico, così come in molti sono a quell'età, timido impacciato e, aggravante delle aggravanti, cresciuto in un contesto familiare che pare non aver giovato particolamente alla sua autostima ed alla sua formazione. Marcus è evidentemente quello debole tra i due, è il ragazzino, figlio di genitori separati, con un padre lontano, impegnato a costruirsi una nuova famiglia ed una madre troppo depressa per riuscire a badare a tutti e due. Nel momento in cui la madre tenta il suoicidio tutti i nodi vengono al pettine, tutte le debolezze vengono a galla... Marcus è evidentemente quello più debole tra i due ma è anche quello che, nel momento del bisogno riesce ad essere il più forte. Sa di avere bisogno di qualcuno, della figura di un adulto di riferimento che gli tracci il cammino. Per questo compito trova Will, sceglie Will: con gli occhi ingenui di un bambino capisce prima di molti altri che sotto a quell'apparente superficialità c'è altro, c'è una persona con tanta energia a disposizione da poter offrire alla cura di un altro essere umano. C'è qualcuno che può prendersi cura di qualcun'altro ed è in grado di farlo molto meglio di quanto lui stesso creda di esserne in grado. E ne ha bisogno più di quanto creda di averne bisogno.

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