C’è chi dice no

C’è chi dice no, recentissimo film dalla regia di Giambattista Avellino, è catalogato come una commedia all’italiana ma a conti fatti può rientrare benissimo tra i film drammatici. Sì, un bel dramma all’italiana.
La storia racconta la vicenda di tre ragazzi alla soglia dei 30 anni, compagni di classe ai tempi del liceo, oggi in lotta con il cosiddetto posto fisso. Ognuno di loro rappresenta un settore del mondo del lavoro particolarmente competitivo: Max (Luca Argentero) è un giornalista, Samuele (Paolo Ruffini) è un ricercatore presso il dipartimento di Diritto Penale dell’università di Firenze, mentre Irma (Paola Cortellesi) è un medico. Tutti e tre ad un certo punto si vedono passati avanti professionalmente dal collega meno meritevole e più appoggiato e decidono così che è giunto il momento di incominciare a ribellarsi al sistema e riprendersi ciò che gli appartiene: non perchè gli sia dovuto ma perchè se lo meritano! La natura della ribellione ovviamente è ciò su cui si incentra la commedia: escamotage buffi con i quali i protagonistibuoni vorrebbero indurre i cattivi-raccomandati ad andar via ed abbandonare il luogo di lavoro al fine di poter effettivamente competere ad armi pari per quel posto. Si tratta di piccoli gesti che fanno ridere lo spettatore e che vanno dallo scavare una buca davanti a casa al far credere di avere la casa infestata dai fantasmi… purtroppo però tutti atti rientranti nel penale.
Le loro azioni in un modo o nell’altro smuovono la situazione, creano nel trambusto nei vari ambienti, ma soprattutto muovono delle sconclusionate indagini di Carabinieri da barzelletta (che comunque alla fine si scoprirà essere anche loro vittime dei raccomandati locali) che li porterà inevitabilmente a rendere conto alla giustizia per quello che hanno fatto. Il film quindi si conclude con l’ammissione da parte dei pirati del merito delle loro responsabilità, col patteggiamento della condanna ma soprattutto con l’amara pianificazione del loro futuro: mollare tutto, casa, famiglia e affetti per andare a cercare lavoro all’estero mentre tutto, nella bella Firenze, torna come prima, come se nessuno scandalo fosse mai venuto a galla. Ecco, è a questo punto che lo spettatore smette di ridere. 

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