La crisi del settimo anno

Io e la mia motoretta di avventure ne abbiamo vissute tante. La chiamo moto ma solo per abitudine. Per amor di moto sarebbe il caso di chiamarlo scooter o motorino ma è così svilente. E poi sono nomi troppo lunghi. Nel mondo in cui si sono andate ad abolire le vocali, le doppie, e la buona ed ormai consolidata coppia di fatto composta da ch, avere nomi così lunghi non va bene per nessuno. Di recente sono passata ad un motoretta, che rimpicciolisce le pretese ma ha ancora l'insormontabile difetto di essere troppo lungo. Quindi, gli amanti dei motori mi perdonino... ma io continuo a chiamarla moto.
Tutto incominciò moltissimi anni fa, forse ancora prima che nessuno in questa casa lo realizzasse veramente: io sono sempre stata abituata ad andare in moto ed era un po' nell'ordine delle cose che un giorno ne avrei avuta una mia. Tradizione, convenzioni, aspettative altrui, o non so bene cosa,vollero che giunta alla soglia dei 18 mi prendessi la patente per la macchina, la classica patente B, vista quale prima, vera ed unica certificazione della maggiore età. Prenderla fu una fatica: da vera secchioncella ho passato entrambi gli esami al primo colpo ma era già nel disegno delle cose che il guidare la macchina non era proprio la mia strada. Nessuno pensò mai di regalarmi una macchina, nè di farmene guidare una... ma venne lei. La moto.
I primi tempi andarono alla grande: dalla mia avevo una buona dose di incoscienza, di spavalderia nonchè di abitudine da passeggiera che mi guidava mentre guidavo.
Gli anni passarono e le cose andarono alla grande. Fummo felici e ci tenemmo tanta compagnia a spasso per la città. Man mano le nostre passeggiate si allungarono sempre di più, a prescindere dal costo della benzina che stava già incominciando a farsi sentire.
Un giorno, un po' come accade di solito nei film, la abbiamo vista davvero nera. Torbida. Dopo una giornata frenetica ed impegnativa andai a riprenderla, per avviarci a casa insieme, come nella migliore delle tradizioni. Già in lontananza ebbi l'impressione che qualcosa non andava: che ci fosse qualcosa di storto all'orizzonte. Una volta avvicinata le cose stavano proprio così: era un bel sesto senso anche quello. Lei era lì riversa al suolo in una pozza di olio\benzina o quello che diavolo poteva essere. Sofferente ed agonizzante. Riuscii con qualche sforzo, e senza che nessuno dei passanti si interessasse alla vicenda, a rimetterla in piedi ma il verdetto fu dei più tragici: non entrava più neanche la chiave nel nottolino dell'avviamento! Fui costretta a chiamare Aiuto, aspettando il Suo arrivo seduta su un gradino. Proprio come accade nei film... ma solo chi vede tanti film sa, questi momenti torbidi non arrivano mai alla fine, ma a metà della trama: quando il meglio deve ancora venire. Fu rimessa in piedi, in gomme, o quello che preferite, un po' alla volta facemmo amicizia, nonostante quella forcella storta che mi imponeva di prendere una seconda cintura nera in parcheggio acrobatico. Modestamente, ho portato a termine dei parcheggini che, se fossero stati quadri, sarebbero stati delle opere d'arte.
Col passare del tempo le cose non andarono sempre lisce, come nelle migliori coppie. E proprio come nelle migliori coppie quello che c'è veramente da temere è il numero 7, e i suoi multipli. Allo stato dei fatti non mi è affatto chiaro se mai arriveremo a 14, il 21 poi è del tutto improbabile, già che a 7 abbiamo i nostri bisticci da sbrigare.
Non più di un anno fa, quando l'Italia decise di trasfromarsi nella nuova Gran Bretagna, il sig. Aiuto, di cui sopra, sostenne che fosse piovuto talmente tanto che anch'io avevo imparato a guidare. Ed era vero... se non fosse che tutta quella confidenza con il mezzo mi portò, ad un anno di distanza, come si suol dire in gergo, a baciare l'asfalto. Nascendo testa di cocomero, e non riuscendomela a rompere neanche in quell'occasione, mi rialzai e ripresi il mio percorso normalmente. Lo stesso giorno, il giorno dopo e quello dopo ancora. Al momento, è inutile fare i duri, bisogna ammetterlo, è l'adrenalina che ti fa andare avanti: i problemi sorgono dopo, quando i muscoli si freddano, l'acido lattico paralizza ogni arto del tuo corpo... e l'istinto blocca anche le migliori intenzioni. Ma, se il problema fosse solo il riprendere confidenza con la curva che mi ha punito, credo che si sarebbe anche potuto risolvere in fretta. A prescindere dalla stagione delle piogge nuovamente appena iniziata, anche se un po' in ritardo.
A pochi giorni di distanza arrivarono le aggravanti: prima di tutto il gonfiaggio delle gomme. Ok, le mie gomme in precedenza stavano sotto il livello di guardia: sono una donna, me ne volete fare una colpa? Il mondo dovrebbe già essere felice che sia certa del fatto che di gomme ne ho due e che siano tonde. Perchè, giuro!, c'è stato davvero un periodo in cui credevo che le gomme di uno scooter fossero tre... e fu molto prima della nascita dell'MP3. Riprendendo il discorso: sono una donna e, sotto questa tinta, sono pure bionda: cerchiamo di non pretendere che mi renda conto guidando che le gomme si sono un po' sgonfiate. O non pretendete che mi renda conto che è passata un'era geologica e mezza dall'ultima volta che le ho fatte controllare a qualcuno che se ne capisca. Vada come vada me le hanno gonfiate e... parliamone, avete presente l'effetto "camminare sulle uova"? Come dicon tutti il tempo è l'unica cura possibile, ma questa pioggia non aiuta. C'è chi vorrà dire che con le gomme ben gonfie la moto è più leggera, facile da spostare, più agile, ma è tutta gente che non ha ben chiaro il senso di conforto della Panda. Tutti abbiamo guidato una volta nella vita una vecchia Panda, o qualcosa di simile. Nel mio caso era una Punto, vetusto modello, senza servo sterzo. Ok, da quella sensazione di essere elettrosaldata al suolo ma è anche una sensazione di stabilità, di lì non si scappa, non si scivola in un fosso! La sensazione è quella di essere catapultati di punto in bianco da una Marbella ad un Alfa Romeo. Che non sarebbe neanche grave... se non fosse per il presupposto di cui sopra.
Seconda aggravante: il parabrezza nuovo! Può anche darsi, e su questo non compirò alcuna dichiarazione con effetto di confessione giudiziaria, che dopo l'evento di cui si è già discusso, dal quale anche il parabbrezza è uscito un po' ammaccato, sia stata io a chiederne uno nuovo quale regalo di Natale. Così, giusto per dare alla mia lista per Babbo Natale quella connotazione femminile che non mi smentisca mai. Giusto perchè avere davanti agli occhi qualcosa che abbia un nuovo colore, una nuova forma, una diversa posizione ed agganci in modo differente anche gli specchietti, non sarebbe di per se una cosa tanto grave... se non fosse per il presupposto di cui sopra.
Ed arriva il giorno in cui esci di casa, vedi qualche goccia di pioggia scendere dal cielo e pensi: ok, vado in autobus. E' lì che un fedelissimo delle due ruote capisce che in questa storia c'è qualcosa che non va. Ma non sei te, sono io. Solo l'oroglio ci mette un po', un po' di più, a ritirarsi su.

Commenti