Scrivo una lettera per te...

Gent.le Sig.ra B.,
Ora cerco di spiegarLe in parole povere perchè, per poco, non più di una settimana fa, non Le sono volati dei banchi sulla testa.
La ragione n° 1 è presto detta: i banchi sono imbullonati al pavimento.
Sulle ragioni n°2 (e seguenti) forse è il caso di spendere qualche parola in più. Vede, probabilmente alla base di tutto c'è una questione di fisica. Io, prima di approdare in questa terra di matti, come si suol dire, ho fatto lo scientifico... eppure è proprio in questa terra di matti che mi trovo decisamente più a mio agio. I principi di fisica li mastico a malapena ma sono piuttosto certa che anche Lei non sia in lizza per un nobel, quindi vediamo di capirci.
La pressione: è una grandezza fisica definita dal rapporto tra una forza agente e l'area sulla quale questa agisce. Più forze agiranno sulla stessa area, più la pressione aumenterà velocemente. Quest'ultimo assunto non so se scientificamente provato a dir la verità... ma lasciam perdere. Qualche giorno fa qualcuno di ha detto una frase: "andare a lavorare per questo stipendio è una gran seccatura. Dover andare a lavorare senza neanche prendere uno stipendio deve essere una gran rottura di coglioni". La prenda pure come massima d'esperienza che può sempre riciclarsi qua e la: in palestra o durante un aperitivo con le amiche.
A questo punto: prenda un attimo la Sua voglia di lavorare e la commisuri a quella che possono avere le persone che si ritrova davanti quando parla. Perchè sì: è giunto il momento di svelare il primo grande mistero. Le persone che si ritrova davanti (o almeno buona parte di loro) sono dei lavoratori, come Lei, forse più di Lei, ma con quel
quid in meno che, sinceramente, detto tra me e Lei, spesso fa la differenza.
Quando ci troviamo davanti a Lei, quindi, spesso e volentieri la nostra soglia di tolleranza si trova già ad uno stadio avvanzato, ci perdoni.
Quando ci troviamo davanti a Lei, la speranza, che non solo non è l'ultima a morire, ma è già morta e sepolta da un pezzo, sarebbe quella di essere usciti da un luogo avverso per essere giunti in un'oasi di pace. Un'oasi nella quale non solo tutti i nostri sacrifici sono accettati, ma anche compresi in modo tale da ottenere una risposta di conseguenza. Non dico che qua dovrebbe essere tutto dovuto ma, se al mondo esiste ancora una regola valida, il cliente ha,
o quantomeno dovrebbe avere, sempre ragione.
Me lo sono fatta sfuggire un attimo fa: noi tutti, per essere qua, facciamo sacrifici. Sacrifichiamo i nostri soldi, sacrifichiamo il nostro tempo, sacrifichiamo il nostro lavoro: tutto questo per essere qua, ripeto ancora una volta, davanti a Lei. Non siamo i migliori, non siamo i primi e non saremo neanche gli ultimi di quelli che mai, nelle nostre stesse condizioni si ritrovano qua: non siamo speciali, non abbiamo diritto ad un trattamento migliore ma, proprio per questo motivo, dovrebbe esserLe chiaro che, a volte, un po' di comprensione sarebbe opportuna, solo e soltanto per valide ragioni.
Una volta accettata tale verità, rimettiamoci al punto di partenza: la pressione. Se la forza, sul soggetto precedentemente individuato, subita dagli agenti esterni è già sufficientemente alta, nel momento in cui ulteriori fattori aggiungono forza alla forza già presente, forza aggravata dalla natura inaspettata della stessa, il corpo su cui è esercitata prima o dopo scoppia.
Ecco. E' scoppiato.

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Le riassumo i fatti così come si sono svolti per cercare di perdere il meno possibile il filo del discorso davanti a possibili incomprensioni che si potrebbero verificare.
Tutto iniziò il bel giorno in cui, qualcuno di noi, in punta di piedi si è rivolto a Voi ed ha posto il seguente interrogativo: "visto che avremmo bisogno di questa cosa, è possibile gentilmente ottenerla?". La risposta che è seguita fu delle più entusiastiche: "Certamente! Visto che vi spilliamo un sacco di soldi, lo facciamo con piacere!". La frase purtroppo non finì lì. "Ma..." perchè c'era un ma "visto che passate la giornata a grattarvi la testa, la potrete avere un bel giovedì mattina, alle 8.00!". La prima reazione non fu delle più negative, qualcunò ringraziò moltissimo e rifiutò, qualcun'altro accettò il compromesso. La percentuale di chi si è negata al Vostro richiamo, a quanto pare, vi indispettì moltissimo: "chi non accetta sarà punito con le pene dell'inferno!". Tuonarono i piani alti: "dovrete percorrere la maratona di New York in ginocchio sui ceci e lucidare tutte le sacre corone per essere perdonati".
La reazione, posso capirLa, non fu delle più eleganti: la sghignazzata corale ancora rimbomba nei corridoi del palazzo. E più noi ridavamo, più le punizioni si aggravavano. Più le punizioni si configuravano aspre e severe più alle risa si aggiungevano pernacchi e sberleffi". "QUI COMANDIAMO NOI!" fu l'urlo conclusivo... e fu subito gelo! Prima calò il silenzio poi quella faccenda dei banchi di cui sopra.

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