The Beauty & the beast

Si chiama la bella e la bestia ma di quello che tutti conoscono ha mantenuto praticamente solo il nome. Nessuno viene rapito, qualcuno ha ricevuto una maledizione ma da intendersi solo in senso metaforico e non ci sono stoviglie chiacchierone (il che, mi pare il difetto maggiore). La bella e la bestia è la deriva trash del genere poliziesco, una sorta di Twilight con i testi scritti da Moccia, che non si può che vedere se non per amore per l'orrido. Partiamo dalle basi.
C'è una Lei (Lana Lang di Smallville che continua a mantenere la stessa espressività di Martina Stella) dal nome tanto insulso che potrebbe essere uscito direttamente da tre metri sopra il cielo: Cat. Ne ha anche uno vero ma questo, soprattutto nella versione in lingua originale, aiuta nella rievocazione di una gatta, forse gattina. Insomma, l'apoteosi dell'inutilità. Cat è una poliziotta, una di quelle superfighe e super intelligenti. Esperta in non so quante arti marziali, in grado di intuire anche l'esatto istante in cui è possibile tirare fuori l'uovo messo a bollire perchè sia abbastanza sodo ma il tuorlo non sia ancora diventato verde, coraggiosa, intrepida ma, soprattutto: con un passato triste e malinconico alle spalle. 
Quando era ragazza ed ancora lavorava in uno squallido bar per pagarsi gli studi in giurisprudenza vide morire la madre davanti ai suoi occhi. Ovviamente da quel momento è dietro a struggersi dal dolore e dai sensi di colpa per non aver potuto evitare l'accaduto anche se la poverina, per morire, ha ricevuto una scarica di mitra in pancia. Il motivo per cui non finì anche lei in pasto ai vermi è da andare a ricercare in un'ombra, una figura che lei riconosse subito come metà umana e metà animale e che portò tutti a pensare che fosse completamente uscita di senno. Nonostante tutto ciò le hanno dato comunque il porto d'armi e, abbandonata la via della Giurisprudenza, entrò in polizia dove, fato ha voluto, che diversi anni dopo si scontrasse nuovamente nella cosa, quella che potremmo considerare la bestia, ovvero il Lui della nostra vicenda. Sì, perchè lei, con quelle gambette rachitiche da ranocchia, è la bella.
Vincent Keller, mezzo uomo mezzo animale inevitabilmente dal passato tormentato. Si sa, la gente che è cresciuta felicemente, o quantomeno in una famiglia normale, non ha motivo di essere protagonista di un bel fico secco... ma nel suo caso un minimo di tormento interiore lo possiamo quantomeno comprendere. Laureato in medicina e già medico di discreto talento, si arruola nei marine a seguito di altre tormentate vicende di irrilevante valore. Una vuolta arruolato finisce nel bel mezzo di un esperimento volto a potenziare attraverso mutazioni genetiche i soldati trasformandoli in macchine... solo e soltanto al fine di esportare la democrazia. L'esperimento non andò un gran bene e, dulcis in fundo, la società che si è occupata di compiere questi studi ha deciso bene di voler eliminare le prove. Creduto morto da allora, Vincent vive in un magazzino abbandonato insieme ad un suo amico nel tentativo disperato di non essere scoperto, di trovare una cura e tenere a bada tutti gli effetti collaterali di questa faccenda.
Inevitabilmente, il nostro eroe, non appena torna in contatto con la nostra bella, non può fare a meno di mandare in pappa anni e anni di lavoro e sacrifici, incominciando a scorazzare per la città, risolvere delitti, e desiderando di avere una vita normale. Come se su questo non fosse stata messa su una pietra da un pezzo.
Ah, dimenticavo, segno particolare di Vincent, come se quanto detto non fosse già abbastanza, l'esigenza inspiegata ed inspiegabile, modello Tom Cruise in Top Gun, di girare spesso e volentieri, senza che ci sia neanche un vero espediente alla base, senza maglietta.
Le tenebre sono l'elemento dominante. Tutto è spesso buio, non di fotografia, ma di ambientazione, i gesti sono amplificati le espressioni facciali estremizzate. I dialoghi al limite del banale ed i tormenti interiori del protagonisti rimasti al livello pubertà o dintorni. C'è l'o mio dio, tra di noi non potrebbe funzionare e l'io con gli uomini ho chiuso. Una girandola di personaggi vuoti ed inutili, stereotipati all'inverosimile, praticamente già pronti ad essere piazzati su un poster. 

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