Revenge - Seconda stagione #L'inutilità di chiamarsi Porter

Jack Porter quando aveva 4 anni ha conosciuto una bambina, si innamora di lei e decide che avrebbe passato l'intera esistenza insieme a lei. Poi la perde di vista... ma 20 anni dopo, questa ragazza, tornerà a bussare alla sua porta. Andrà a vivere nella sua vecchia casa e sarà riconosciuta dal suo vecchio cane... ma non dal(l'ormai) uomo che le aveva promesso amore eterno. L'istinto lo riporta ad avvicinarsi alla stessa ragazza... fin quando alla stessa porta di poco fa non bussa qualcun'altro, affermando di essere quella bambina ma senza avere per questo i requisiti necessari. Lui non capisce più niente: il cuore lo porta da una parte la testa dall'altra, alla fine finisce per puntare quello che sembra il percorso più facile. L'Amanda che appare Amanda anche sulla carta d'identità. E la mette pure incinta.
Nella seconda stagione, quello che pareva solo un personaggio di colore alla vicenda di Emily / Amanda, si prende prepotentemente altro spazio, non solo entrando nell'intricata questione sentimentale, affettiva, amorosa (che quasi va a perdere senso, ma di cui parlerò un'altra volta), ma tediando il mondo con il suo eterno vittimismo, la sua tendenza alle scelte impopolari e con il talento innato di non capire neanche ciò che gli viene illustrato a fumetti. 
Si inizia fin da subito con l'incapacità di chiamare una ditta che restauri il locale prima di farselo chiudere dal servizio d'igiene, continua dimostrando un vero istinto paterno mandando suo fratello minore a dormire sulla barca ormeggiata fuori dalla porta giusto per non avercelo tra i piedi, e tira avanti così fino a consegnare le chiavi del bar a due poco di buono che, in tempi brevissimi, gli distruggeranno l'esistenza.
Anche arrivati a questo momento: riuscirà a capire chi è il vero artefice di questa rovina? Macchè!

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