La più bella del mondo

Non vorrei azzardare proclamando quella de la più bella del mondo come la serata evento di Rai1 del 2012, perchè non ho particolare memoria storica di tutto ciò che è andato in onda da gennaio a questa parte, potrebbe sfuggirmi qualcosa, ma sono piuttosto certa che rientri almeno nelle prime tre. Di certo c'è il fatto che anch'io ho superato la tendenziale ritrosia ad accendere il televisore e mi sono incollata allo stesso per tutte le due abbondanti ore di spettacolo. Con il classico modo di fare alla Benigni è riuscito ad esaltare molti degli aspetti cruciali dei primi 12 articoli della Costituzione, quelli che enunciano i principi fondamentali del nostro ordinamento e che troppo spesso vengono trascurati, o dati per scontati.
Purtroppo, girando tra commenti e opinioni della rete, ho trovato ancora qualcuno che è stato in grado di andare contro a quello che ha visto e, nel mio piccolo, credo di aver realizzato che purtroppo molte persone non sono affatto in grado di riuscire a seguire un discorso del genere per due ore. In effetti una pausa nel mezzo non avrebbe affatto disturbato e avrebbe aiutato molti cervelli vacillanti a reggere il colpo, ciò nonostante è probabile che non esista peggior sordo di chi non vuol sentire, o non vuol capire. Il che è ancora più grave. 
Non dico producendo da soli un ragionamento di questo livello, ma semplicemente stando ad ascoltare quello che lo stesso Benigni, con un linguaggio semplicissimo, a prova di imbecille, ha provato a spiegare: ciò davanti al quale ci troviamo non è storia, non è mera retorica, non è fantascienza, rappresenta le nostre radici ed è la nostra realtà. Ma sono principi fondamentali, messi nero su bianco da persone che incarnavano tutti gli orientamenti politici possibili ed immaginabili e, pertanto, in grado di produrre una carta priva di qualsiasi orientamento. Come quando si uniscono tutti i colori dell'iride: quello che ne esce fuori è il bianco. Non è niente, non una accozzaglia di tinte senza ne capo ne coda. L'esaltazione, che è tipica del personaggio di Benigni (non possiamo stupircene ogni volta), nasce dalla constatazione delle potenzialità che questa carta ha messo nelle nostre mani e dall'altrettando importante constatazione che si tratta di una delle carte più democratiche sia per l'epoca in cui è stata scritta, sia per l'epoca attuale, e cosa ancora più importante, è stato uno dei primi documenti di questo rilievo a livello europeo, proprio perchè reagiva ad una delle pagine più nere della storia italiana e (prutroppo) dell'uomo. Solo una volta che si è capito che cosa realmente dice, quali sono realmente le sue potenzialità, è possibile capire ciò che abbiamo ma, soprattutto, ciò che potremmo avere.
Una delle cose che sono state maggiormente obiettate a Benigni è stato il suo averla fatta semplice, aver sottolineato ogni banalità senza però aver fatto i conti con la realtà. Ancora una volta non credo che sia così. Addirittura qua e la lungo il monologo, quasi a mo' di battuta, ha lascianto indendere che sarebbe bello se la costituzione fosse anche applicata, partendo da questa affermazione, e mettendone insieme molte altre, bisognerebbe aver capito che cosa stavamo leggendo. Quelli sono principi fondamentali: non è banalmente legge. E' banale legge il non uccidere, se uccidi violi la legge e devi essere punito. Un principio è invece contemporaneamente prima pietra e muro portante della costituzione dello Stato, definisce il limite che non deve essere superato ma ammette che tutto gli venga costruito intorno, nel suo rispetto. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Un principio è tanto utile quanto astratto, sta alle leggi, alle politiche effettivamente adottate riconoscere la portata di quel principio e solo conoscendo che cosa potenzialmente potremmo avere che possiamo lamentarci di quello che non abbiamo, delle politiche imbecilli portate avanti da persone incapaci e possiamo misurare la bontà delle azioni di chi ci governa.

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