I sogni fanno rima

Mi chiamo Pierdavide perchè... me l'hanno imposto! E poi, se i miei, appena nato, mi avessero chiesto che nome volessi, probabilmente avrei dato una risposta tipo: "Gaggà" o "Ueeh". Immaginate l'umiliazione di essere Gaggà di Amici.
Per quanto non lo ammetterei a nessuno che conosca il mio vero nome e cognome, ho letto "I sogni fanno rima" di Pierdavide Carone. Praticamente l'ho divorato in poche ore, ma non si tratta di un'impresa, pagine spesse, scrittura grossa e margini da guinnes facilitano la missione. Le infamie e le lodi vanno più o meno al pareggio, quindi in sostanza è quasi una lettura accettabile. Probabilmente non sarà l'opera letteraria del secolo ma è un buon complemento alla visione della trasmissione, un occhio dietro le quinte che aiuta la generale fame di gossip, perchè si sa: la gente tende sempre a farsi gli affari propri ma se qualcuno per caso gli racconta che... allora parrebbe maleducato tirare indietro l'orecchio. Probabilmente questo Pierdavide l'ha capito, ed ecco nelle 140 pagine che compongono il libro, parlare di se ma non troppo, raccontare quello che succede in albergo ma non troppo, svelare arcani amorosi ma non troppo. La scelta del sostituire i nomi veri con quelli di animali nel capitolo più gossip addicted penso che abbia causato un aumento nel consumo di moment Act in tutti coloro che hanno cercato di associare un volto agli animali, tipo il giochino della settimana enigmistica con numeri che diventano parole.
Di solito si dice senza infamia e senza lode, io ci ho visto un po' di uno e un po' dell'altro.
Tra le infamie probabilmente una certa forzatura della mano nella sviolinata al programma. Lui stesso si descrive un tipo alla ma cosa ci faccio qui, che quasi prende il televisore un eletrodomestico come la lucidatrice: che c'è ma non si usa. Dice di seguire giusto Striscia la notizia, Zelig, le Iene (uno Rai, no?) eppure parla di Amici come l'occasione della vita, programma di successo senza eguali, e via così, in più occasioni. Le cose non possono convivere. E' come se il Pierdavide che voleva parlare fosse stato costretto da un freno a mano immaginario (ma ben presente).
Altra infamia è la copertina. Pierdà: costringerli ad usare una foto più decente, no?
Terza è la data di uscita del libro. Non capisco che senso possa avere avuto costringerlo a inventarsi un serale per far uscire il libro a dicembre, piuttosto che aspettare un altro paio di mesi e magari aggiungere una ventina di pagine. Effettivamente tra pagine biache, testi di canzione riportati, indici, ringraziamenti e dediche, di inchiostro non ne è stato versato tanto quanto si vuol far credere.
Tra le lodi rientra tutta la parte iniziale, quella più a diario vero e proprio, quella che se non hai visto il programma non capisci, quella più vera insomma (o almeno verosimile). Non nego che in certi punti mi sarebbe piacuto leggere altri punti di vista, ma il suo devo dire che non è male, capace di farti scappare una risata quando meno te la aspetteresti (vedi Rosolino e il figlio non suo o la tizia che si è incipriata un po' troppo il naso) e farti vivere con immensa sofferenza i momenti meno patinati (vedi le 3000 prove della sigla, che comunque non è mai riuscita bene, i tempi morti tra una lezione e l'altra ad aspettare che anche quelli di classico mettano le scarpette in borsa, l'amara scoperta che anche questa settimana qualcuno si è dimenticato una volta di troppo di tacere con addosso il microfono e il post-puntata del sabato sarebbe durato, nuovamente, un eternità tra punizioni e chiarimenti).
Lode al modo, tra il serio e la presa in giro, con cui parla delle perle di saggezza di Zazzà Zanforlin. Lode all'idea di farci sapere del pezzo composto in treno a quattro mani con Enrico, ma a cui la trasmissione non ha mai dato il via libera, così sappiamo con chi prendercela. Lode ai 1800 € mensili che si portava a casa come casellante. [Dov'è che si fa domanda? ndr]. Lode al capitolo Trullallero-rullallà con cui finalmente ci ha spiegato il significato della canzone. Lode, lode, lode al cavallo di battaglia hanno ucciso l'uomo ragno, ma immensa infamia per non averla mai portata in trasmissione.

Dell'ultima parte non parlo neanche. Ho già detto mi è sembrata una cosa assurda, carina l'idea di inventarsi lo svenimento, il sogno e tutto il resto per poter tirare ancora un po' remi in barca, ma l'errore è stato fatto qualche piano più in su. In generale libro di cui si può fare a meno nella vita ma godibile. Per me utile a chiudere il capitolo Amici di quest'anno, per infoltire un po' qualche ricordo, nell'attesa di rincitrullirmi il cervello con la prossima edizione se avrò voglia di seguirla come ho fatto con questa. Il fatto che sia stato scritto da Pierdavide forse è stata la chiave vincente per non farlo diventare una specie di diario di Bridget Jones di serie B, ma sicuramente migliorabile sotto alcuni punti di vista. Un po' come sorbirsi 6 anni di Lost e alla fine vedere anche gli 11 minuti tagliati.

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